TFR non pagato: Cosa fare?

Hai concluso il rapporto di lavoro, ma il TFR non ti è stato pagato?

Vuoi sapere cosa devi fare per tutelarti?

Continua a leggere, questo articolo fa per te.

Cosa è il TFR?

Il trattamento di fine rapporto (TFR) è l’insieme delle somme trattenute dallo stipendio del lavoratore ed accantonate annualmente dal datore di lavoro, il quale provvede a corrisponderlo alla cessazione del rapporto.

Quindi, il diritto al TFR matura alla conclusione del rapporto di lavoro indipendentemente da quale sia la causa (licenziamento, dimissioni ecc.).

Dunque, il TFR altro non è che un compenso differito con finalità previdenziale perché serve a sostenere il reddito del lavoratore al venir meno della retribuzione.

Come si calcola il TFR e la rivalutazione?

Il calcolo del TFR, salvo diversa pattuizione, è disciplinato dall’art. 2120, comma 1 c.c.

La norma prevede che il TFR si calcola sommando la retribuzione di ciascun anno di servizio divisa per 13,5, meno una trattenuta dello 0,50% calcolata sulla retribuzione utile ai fini contributivi.

Spetta, inoltre, al lavoratore una rivalutazione con tasso in misura fissa pari al 1,5% e, in misura variabile, al 75% dell’indice di inflazione calcolato dall’ISTAT.

A chi spetta il TFR?

Il TFR spetta chiaramente al lavoratore dalla cui retribuzione è maturato.

In caso di morte prematura del lavoratore, il datore di lavoro dovrà corrispondere, unitamente all’indennità di mancato preavviso, il TFR agli eredi dello stesso.

Quindi, potranno beneficiare del TFR il coniuge, i figli e – se a carico del prestatore – anche i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo.

Quando deve essere pagato?

Il TFR deve essere pagato alla cessazione del rapporto di lavoro.

Tuttavia, l’art. 2120 c.c. non parla delle tempistiche con cui il datore è tenuto al pagamento della somma.

In primo luogo, è bene precisare che i tempi di pagamento sono diversi tra dipendenti pubblici e dipendenti privati.

Per i dipendenti privati bisogna far riferimento al CCNL che regola il rapporto.

Ad esempio, CCNL Studi Professionali e CCNL Commercio e artigianato prevedono un termine di 45 giorni dalla conclusione del rapporto.

Quello del Terziario fissa un termine di 30 giorni dalla fine del rapporto.

Mentre il CCNL dei Metalmeccanici e delle Telecomunicazioni stabilisce il termine di 30 giorni dalla pubblicazione dell’indice ISTAT per calcolare la rivalutazione.

I tempi di attesa per i lavoratori pubblici sono più lunghi anche in ragione della necessità di attendere la pubblicazione dell’indice ISTAT per operare la rivalutazione.

Quando si prescrive il TFR non pagato?

Il TFR si prescrive in cinque anni dalla conclusione del rapporto di lavoro, secondo quanto previsto dall’art. 2948, comma 5 c.c.

Tuttavia, quando il diritto è accertato da una sentenza passata in giudicato o da un decreto ingiuntivo non opposto, il termine di prescrizione è di dieci anni.

Pertanto, il lavoratore che non ha ricevuto il pagamento del TFR non deve lasciare trascorrere troppo tempo, altrimenti corre il rischio di non poter più agire.

Cosa fare in caso di TFR non pagato?

Eccoci arrivati al punto nodale della questione.

Che fare quando il datore di lavoro non ha pagato il TFR nei termini pattuiti?

Diffida ad adempiere

La prima cosa che il lavoratore deve fare è diffidare il proprio datore di lavoro ad adempiere quanto prima.

In termini legali questo tipo di comunicazione è chiamata: diffida ad adempiere.

La diffida può essere inviata al datore di lavoro direttamente dal lavoratore o dal suo avvocato, mediante raccomandata A/R o PEC.

Se la diffida è inviata da un avvocato in genere è più efficace.

In pratica, con tale comunicazione il datore di lavoro viene diffidato ad adempiere entro un termine, con l’avvertimento che – in caso di mancato pagamento – si procederà per le vie legali.

Decreto ingiuntivo TFR

Se dopo la diffida ad adempiere il datore di lavoro continua a non pagare, potremo adire le vie legali.

Lo strumento più veloce ed efficace per questo tipo di situazioni è il ricorso per decreto ingiuntivo (se vuoi saperne di più clicca qui).

Come funziona?

L’avvocato del lavoratore propone ricorso al Giudice del lavoro, chiedendo la condanna del datore di lavoro al pagamento del TFR.

Per dimostrare l’esistenza del credito ed ottenere l’ingiunzione di pagamento, il lavoratore deve produrre l’ultima busta paga (o altra prova documentale equivalente).

Sono esentati dal pagamento del Contributo Unificato (e dalla tassa di iscrizione a ruolo) i lavoratori con un reddito familiare complessivo inferiore a € 34.000. La autodichiarazione che lo attesta dovrà essere allegata al ricorso.

Il Giudice del lavoro, verificati i presupposti di legge, emette un provvedimento chiamato appunto decreto ingiuntivo.

In genere il provvedimento viene emesso in circa un mese di tempo, ma le tempistiche possono variare da giudice a giudice. Quindi, è difficile fare una stima esatta.

Emesso il decreto, l’avvocato del lavoratore lo notificherà al datore di lavoro, il quale avrà 40 giorni di tempo per proporre opposizione o per pagare spontaneamente.

Se l’azienda non paga e non propone opposizione, il decreto diviene definitivo ed esecutivo e può essere avviata la procedura di esecuzione forzata.

E se anche dopo l’esecuzione forzata, il lavoratore non ottiene il pagamento del TFR?

Anche nel caso in cui il datore di lavoro sia insolvente, c’è una soluzione per il lavoratore.

Infatti, previa dimostrazione dello stato di insolvenza della azienda, il lavoratore può chiedere l’integrale pagamento del TFR al Fondo di Garanzia dell’Inps. Se desideri approfondire l’argomento, leggi anche questo articolo sul Fondo di Garanzia INPS: clicca qui.

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