Il trattamento di fine rapporto
Il pagamento del trattamento di fine rapporto (TFR) rappresenta, nella maggior parte dei casi, la degna conclusione di un rapporto lavorativo.
Infatti, di regola, il pagamento del TFR avviene quando si conclude il rapporto di lavoro, indipendentemente da quale ne sia la causa (licenziamento, dimissioni, scadenza contratto).
Spesso però il lavoratore non sa cosa deve fare per ottenere il pagamento del TFR.
Per questa ragione, cerchiamo di fare un po’ di chiarezza sull’argomento.
Cosa è il TFR?
Il TFR è una somma di denaro che il datore di lavoro paga al lavoratore nel momento in cui il rapporto di lavoro si interrompe ed è costituito dalle somme accantonate, anno per anno, dal datore di lavoro dallo stipendio del dipendente.
In altri termini, ogni anno, il datore di lavoro accantona una piccola percentuale dello stipendio del lavoratore che gli verrà restituita alla fine del rapporto rivalutata.
Infatti, bisogna applicare alle somme accantonate un coefficiente di rivalutazione determinato dalla legge o dal contratto collettivo.
Quindi, il TFR è una sorta di corrispettivo differito con una finalità previdenziale perché serve ad aiutare il lavoratore quando viene meno lo stipendio.
Pagamento del TFR: quando avviene?
Innanzitutto, bisogna chiarire che l’art. 2120 c.c. non specifica quando il datore deve effettuare il pagamento del TFR.
Quindi, molto è rimesso al Contratto Collettivo (CCNL) che regola il rapporto di lavoro
Per i lavoratori privati, in genere, il pagamento del TFR avviene con l’ultimo stipendio ed è quantificato e liquidato nell’ultima busta paga.
Nel caso ciò non avvenga, è bene conoscere i termini entro i quali il datore di lavoro deve effettuare il pagamento del TFR previsti nei principali CCNL:
- CCNL Commercio e artigianato: entro 45 giorni dalla conclusione del rapporto;
- CCNL Studi professionali: entro 45 giorni dalla conclusione del rapporto;
- CCNL Terziario: entro 30 giorni dalla fine del rapporto;
- CCNL Telecomunicazioni: entro 30 giorni dalla rivalutazione in base all’indice ISTAT;
- CCNL Metalmeccanici: entro 30 giorni dalla rivalutazione in base all’indice ISTAT.
Per i dipendenti pubblici, invece, i tempi sono più lunghi perché è necessario attendere i tempi di legge e la pubblicazione degli indici ISTAT per effettuare la rivalutazione del TFR. Se desideri approfondire l’argomento, leggi anche PAGAMENTO TFR AI DIPENDENTI PUBBLICI.
Se il datore di lavoro non paga spontaneamente?
Se scaduto il termine per effettuare il pagamento del TFR, il lavoratore non ha ancora ricevuto la somma, il datore di lavoro è inadempiente.
In questa ipotesi, il dipendete dovrà attivarsi per ottenere il proprio TFR sia in forma stragiudiziale, sia per le vie legali.
Infatti, spetta al creditore adottare tutte le azioni necessarie ad ottenere il pagamento del proprio credito, che altrimenti rischia di andare in prescrizione.
Come?
La prima cosa da fare è una lettera di messa in mora che può essere scritta dal lavoratore personalmente o dall’avvocato che lo assiste.
La lettera di messa in mora ha la duplice funzione di mettere formalmente in mora il datore di lavoro e interrompere la prescrizione.
La lettera di messa in mora deve contenere:
- Dati anagrafici del lavoratore (nome, cognome, codice fiscale ecc.)
- Dati del destinatario (datore di lavoro)
- Indicazione del rapporto di lavoro di riferimento
- Richiesta formale di pagamento del TFR e messa in mora
- Diffida ad adempiere entro un certo termine (di solito una decina di giorni).
La lettera deve essere sottoscritta dal lavoratore o dal suo avvocato ed inviata tramite raccomandata A/R o PEC per avere prova del giorno dell’invio e della sua ricezione da parte del destinatario.
E se il datore di lavoro continua a non pagare?
Se anche dopo questo tentativo il datore di lavoro non effettua il pagamento del TFR, bisognerà procedere per le vie legali, incaricando un avvocato esperto del settore.
In questo caso, i rimedi offerti dall’ordinamento sono principalmente due: il ricorso per decreto ingiuntivo se il datore di lavoro ha una prova scritta del credito (come la busta paga) oppure il giudizio ordinario.
Il decreto ingiuntivo è sicuramente più celere e preferibile quando il lavoratore ha i mezzi di prova adeguati (busta paga o altra prova scritta), altrimenti, l’unica bisognerà attendere i tempi di una normale controversia dinanzi al Giudice del lavoro.
Se desideri approfondire l’argomento, leggi anche “TFR non pagato: che fare”.
E se il datore di lavoro è insolvente?
Una ipotesi che accade frequentemente è quella in cui il lavoratore ottiene la sentenza di condanna per il pagamento del TFR da parte del datore di lavoro, ma questo fallisce prima che il lavoratore possa intraprendere l’esecuzione forzata.
Oppure l’azienda fallisce nel corso del rapporto di lavoro e il dipendente si ritrova senza lavoro e senza TFR.
Cosa fare in questi casi di insolvenza del datore di lavoro?
Il lavoratore può fare richiesta al Fondo di Garanzia dell’INPS che, una volta accertati i presupposti, liquida al lavoratore il TFR e, se rimasti insoluti, anche gli ultimi tre stipendi.
Al Fondo di Garanzia possono accedere i lavoratori dipendenti e i loro eredi quando dimostrano l’insolvenza del proprio datore di lavoro, mediante attestazione del Tribunale.
In questi casi, quindi, è sempre bene rivolgersi ad un avvocato esperto del settore che raccolga tutta la documentazione necessaria a proporre la richiesta all’ente previdenziale (se hai bisogno di assistenza, clicca qui).
Se desideri conoscere i presupposti per accedere al Fondo di Garanzia dell’INPS e come proporre la richiesta, leggi questo articolo: clicca qui.
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