Se l’INPS comunica una posizione contributiva errata, deve risarcire i danni
L’INPS deve risarcire i danni cagionati dall’errata comunicazione della posizione contributiva. Infatti, il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno se, a seguito della errata comunicazione dell’INPS, abbia cessato anticipatamente il rapporto di lavoro
Questo è il principio espresso dalla Cassazione con la sentenza n. 23114/2019.
Il caso
Tizio citava l’INPS dinanzi al Tribunale di Bergamo per chiedere il risarcimento del danno causato da una loro errata comunicazione.
Infatti, l’attore esponeva di avere richiesto all’INPS di conoscere la propria posizione contributiva e l’Ente gli comunicava l’esistenza di un numero di contributi sufficienti per il conseguimento della pensione di anzianità.
Quindi, aveva rassegnato le dimissioni dalla società per cui lavorava. Successivamente il lavoratore ha ricevuto un’altra lettera da parte dell’INPS con la quale gli comunicava che non aveva diritto alla pensione.
Infatti, il calcolo dei contributi della prima comunicazione era errato.
Non solo, l’INPS chiedeva anche la restituzione delle somme corrisposte a titolo di pensione fino a quel momento.
Sulla base di tali premesse il ricorrente chiedeva il risarcimento dei danni arrecati con l’errata comunicazione.
In primo e in secondo grado le domande del lavoratore sono state parzialmente accolte. L’INPS ha quindi proposto ricorso per cassazione.
La Cassazione ha respinto il ricorso dell’Ente e ha affermato che, se l’INPS comunica al lavoratore una informazione errata sul termine di maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia, deve risarcire il danno che cagiona all’assicurato.
Infatti, spetta all’Ente previdenziale « anche per il tramite delle clausole generali di correttezza e buona fede, di non frustrare la fiducia di soggetti titolari di interessi al conseguimento di beni essenziali della vita, fornendo informazioni errate o anche dichiaratamente approssimative, pur se contenute in documenti privi di valore certificativo“.
Il lavoratore però ha l’obbligo di attivarsi per evitare il danno, quando l’erroneità dei dati forniti dall’Istituto sia verificabile sulla base con l’ordinaria diligenza.
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